Licenziati per cessata attività, ma la struttura continua a funzionare, 4 dipendenti della Curia scrivono a Papa Francesco

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NAPOLI – Da pochi giorni festeggiati i suoi 42 anni, ma quest’anno il compleanno ha tutto un altro sapore. E’ più che amaro. Un’agonia che Gennaro Imbimbo, padre di un bambino di 3 anni ed un altro di 8 non riesce più a reggere. Da pagare ha la rata del prestito, le medicine per il figlio malato da poco operato alle tonsille. Gennaro, assunto nel lontano 1992, sua moglie Nicoletta Mirabella, Rita Iacobino ed Esposito Filomena sono i 4 operai che si sono visti recapitare una lettera di licenziamento dalla Curia di Napoli,  firmata dal Vescovo ausiliare Monsignor Lucio Lemmo, in quanto rappresentante legale della struttura il 23 ottobre 2012, per chiusura attività. Oltre al danno, anche la beffa, per i  lavoratori, impegnati in mansioni di manutenzione e sorveglianza presso il cosiddetto “Castelletto” in Villa Incoronata in via Capodimonte,16. Infatti, secondo gli ex dipendenti, il motivo è alquanto strano perché la struttura è ancora aperta: celebra messe e matrimoni, oltre alla normale amministrazione immobiliare che la Curia deve gestire. Ormai la motivazione dettata dalla Diocesi, è quella.

1972552_10201355706485899_1502755602_nNUOVE SOLUZIONI – Per i quattro operai che ora chiedono  una soluzione, magari attraverso nuove strutture di proprietà della Curia di Napoli, non resta che ricorrere ad un appello pubblico al Cardinale Crescenzio Sepe per ritornare a lavorare. Ma non va via lo stupore di fronte al fatto che sono stati messi alla porta, dopo venti anni di attività, in questo modo. «La situazione è nera, non so come fare, con il licenziamento in tronco anche di  mia moglie Nicoletta peggiora la mia condizione economica, devo comprare le medicine a mio figlio perché da poco operato alle tonsille – spiega a Vivonapoli, Gennaro Imbimbo, l’operaio con più anzianità di lavoro dei quattro – ora ho un prestito in corso, ancora per sei anni, non ho più neanche il sussidio di disoccupazione per vivere, mio padre con una pensione sociale non può aiutarmi, chiediamo semplicemente una risposta, un chiarimento, un trattamento dignitoso dopo venti anni ed è anche per questo che abbiamo iniziato una battaglia legale e per maggio è fissata la prossima udienza davanti al giudice del Lavoro del Tribunale di Napoli».

SCRIVONO AL PAPA – Come ultimo tentativo gli operai hanno spedito una lettere a Papa Francesco,  di solito sempre attento a situazioni del genere. Si spera che l’autorevole voce del Santo Padre sia ascoltata. Ora resta da affrontare le difficoltà quotidiane che dal novembre 2012 vivono quattro genitori napoletani, tra lettere, messaggi ed email, per ora nessuna risposta.

Vincenzo Vinciguerra

Redazione

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