Il Bellini diventa una scena del crimine: a Teatro il manifesto politico di Dario Fo

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di Violetta Luongo
NAPOLI – Il teatro si stravolge, i ruoli si invertono e l’opera è servita. Il teatro Bellini si trasforma in una scena del crimine: una sagoma di un cadavere gigante, posta nello spazio riservato alle poltroncine, dà spazio alla “Morte accidentale di un anarchico”, il pubblico seduto tra palchi e palcoscenico si pone come testimone e giuria di un delitto che porta la firma di Dario Fo e Franca Rame. Cinquanta anni dopo il debutto dell’opera che fece scalpore, il regista Antonio Latella mette in scena il manifesto politico e di denuncia dello scrittore italiano premio Nobel. Al Bellini di Napoli in replica fino all’1 giugno.

UNA STORIA CHE SCONVOLSE L’ITALIA – Era il 1970 quando gli autori italiani scrissero la storia della morte di Giuseppe Pinelli, l’anarchico caduto, secondo la versione ufficiale, accidentalmente da una finestra della Questura di Milano, l’uomo non uscì mai vivo da quell’interrogatorio del 15 dicembre 1969.

PUPAZZI E PAZZI – Potente e carica di energia l’interpretazione di Daniele Russo, affiancato da Caterina Carpio, Annibale Pavone, Edoardo Sorgente, Emanuele Turetta, attori mescolati al pubblico danno vita a fantocci, metafore di istituzioni disumanizzate e insensibili. Pupazzi inermi che guardano con distacco una storia di verità e giustizia, menzogna e realtà. Russo, con la sua magistrale maestria, passa da un personaggio all’altro dando risalto allo storico espediente del metateatro.

VERITA’ O BUGIE – Il fulcro della scena sembra svolgersi in un triste corridoio di un manicomio, tutti sembrano pazzi chiamati a recitare una parte per salvare se stessi dalla rovina, il vero pazzo è l’unico sapio che vuole far emergere la verità; bugie e inganni, paure e ipocrisie sono gli strumenti per far salire a galla l’atroce e triste verità. Anche Fo fu costretto nei lontani anni ’70 a “cedere a bugie” e riscrivere il suo testo, accolto inizialmente con polemica e censure, ambientandolo a New York. La verità è pesante da accettare e accogliere, e si preferiscono sempre tenui bugie alle gravi realtà.
Il testo è una riflessione di attualissima denuncia su una realtà che resta a guardare, forte introspezione psicologica dell’animo umano, scandagliato fino alle sue più cupe e nascoste paure.

 

Redazione

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